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APRIAMO LE PORTE E I PORTI

Care amiche e cari amici, 
iniziamo la newsletter di oggi con degli aggiornamenti che arrivano direttamente dal Suor Anna Maria, che dal maggio scorso si è spostata a Foresto, vicino Torino. Il lavoro che quotidianamente fanno le nostre amiche è molto importante e le storie che incontrano devono essere raccontate perché narrano vicende complesse, sono storie principalmente di persone che arrivano dalla rotta balcanica. Su queste vicende inoltre vogliamo consigliarvi due diverse produzioni. La prima è un podcast realizzato dal giornalista Valerio Nicolosi per Chora media, mentre il secondo è un film. Si intitola "Trieste è bella di notte", ieri sera siamo andati alla prima proiezione e consigliamo a tutti e tutte di vederlo. È un documentario ben realizzato che fa capire l'inumanità del game, cioè il tentativo di arrivare in Italia attraverso la Bosnia, poi la Croazia ed infine la Slovenia.
Buona visione e buon ascolto,
alla prossima
 

Aggiornamenti da Suor Anna Maria Venturin

Di Suor Anna Maria Venturin e della sua fedele compagna di avventure suor Edoardina vi abbiamo già raccontato le gesta e la grande opera di accoglienza qualche numero fa. Le due Sorelle, di cittadinanza svizzera, hanno gestito per anni il rifugio Shalom. "Quando siamo tornate da Ginevra, dove abbiamo lavorato per 45 anni – ci ha raccontato Anna Maria – abbiamo deciso di aprire questo rifugio. Siamo state incaricate proprio dagli italiani a Ginevra di tornare in Italia ed occuparci qui di migranti. Anche noi per più di 40 anni siamo state immigrate e quindi tornate nel nostro Paese d’origine abbiamo occupato un piano della casa di Susa dove ci sono quattro alloggi. In uno viviamo noi mentre gli altri tre sono destinati a famiglie. Abbiamo cominciato per puro caso: il 28 giugno 2017 c’erano delle famiglie con bambini piccoli che erano ospitate a Settimo Torinese dalla Croce Rossa. Stavano sotto le tende con un caldo atroce e proprio la Croce Rossa ci ha chiamate per chiederci se avevamo la disponibilità di prendere queste persone”.

Da maggio però, suor Anna Maria si è spostata, con Suor Edoardina, di qualche chilometro ed è andata in un piccolo paese nella Val di Susa. Foresto si chiama, e nome non poteva essere più adatto. Le due Sorelle hanno occupato una casa che per il Paese era emblematica, una casa costruita dagli stessi abitanti per farci, molti anni fa, un asilo. Edificio che però è rimasto chiuso per almeno 30 anni e solo ora, grazie all’impegno quotidiano, è stato rimesso in sesto. “Abbiamo messo a posto la casa – ha continuato Suor Anna Maria -. Abbiamo pulito le grondaie, tagliato gli alberi, sistemato il prato ed ora abbiamo a disposizione 15 posti per accogliere chi ne ha bisogno".

"È una casetta dei centenari che val la pena vedere, vicino alla chiesa con il campanile giallo - ci ha raccontato Suor Anna Maria -. Un vecchio asilo che è conosciuto dalla gente del posto, gente che adesso apprezza moltissimo che la casa sia occupata. Per la prima volta poi mi capita di vedere della gente che è contenta che ci siano dei migranti. Talmente contenta che d’estate siamo invasi da fagiolini, zucchine pomodori, ma anche adesso, che abbiamo bisogno di latte uova e zucchero, i cittadini non ci fanno mancare nulla".
L'accoglienza quindi, procede spedita ed ora nella piccola casa di Foresto ci sono due famiglie. La prima è una famiglia pakistana composta da madre, padre che lavora a Torino e tre figli. Saranno ospiti delle nostre amiche ancora per poco perché sembra che abbiano trovato finalmente una sistemazione più consona.
C'è poi una famiglia indiana che è accudita dalle due sorelle. La madre è incinta e ad inizio marzo dovrebbe partorire, un'attesa che è sostenuta da tutto il Paese. Le persone che stanno al rifugio di foresto poi, seguono anche dei corsi di italiano e, come dice Suor Anna Maria, "sono desiderose di imparare".

 

La nostra telefonata con Anna Maria si conclude con un appello ai soci d'andare a trovarle, "non mancherà un ottimo caffè svizzero per tutti".

Minori stranieri: a gennaio uno al giorno a Como. «Le famiglie pagano per mandarli qui dietro false promesse di un lavoro»

Sono 27 i minori stranieri non accompagnati arrivati sul territorio comasco e affidati al Comune di Como dal primo di gennaio al 25 del mese. Più di un minore al giorno, il segno di un fenomeno in crescita che ha portato già nel 2022 a registrare un totale di 549 minori non accompagnati tracciati dal Comune.

Sono dati sorprendenti che raccontano due fatiche parallele. La prima, e senza dubbio la più urgente e tragica, è quella di ragazzi minorenni che arrivano a Como soli, spesso con i segni sulla pelle di un viaggio tutt’altro che piacevole, riempiti di promesse di costruire una vita nuova, con migliori opportunità di lavoro,infrante contro la realtà...

LEGGI TUTTO L'ARTICOLO SU LA PROVINCIA DI COMO

Contro la Costituzione, le ONG e i diritti umani: l’insostenibile fragilità del decreto legge n.1/2023

da ASCGI
 

Una prima lettura dell’ASGI del decreto-legge n. 1/2023 con cui il governo intende “regolamentare” l’attività di soccorso delle navi umanitarie.

Il Governo insediatosi il 22 ottobre 2022 si è subito caratterizzato per i tentativi di bloccare quella che definisce “immigrazione illegale”, soprattutto proveniente via mare dal Nord Africa, emanando il 24 ottobre 2022 una Direttiva del Ministro dell’interno (prot. 0070326), con cui ha rifiutato l’indicazione di un porto di approdo a due navi (Ocean Viking e Humanity 1) che avevano prestato soccorso a persone straniere naufraghe nel Mediterraneo, chiedendo agli Stati di bandiera (Norvegia e Germania) di assumersi la responsabilità di indicare loro il porto sicuro, nonché emanando il 4 novembre 2022 un decreto con cui ha vietato alle navi Geo Barents e Humanity 1, di sostare in acque italiane oltre il tempo necessario per far sbarcare le sole persone in precarie condizioni di salute.

Tentativi ben presto falliti, tant’è che dopo l’imbarazzante autorizzazione selettiva allo sbarco per le sole persone qualificate “vulnerabili”, alla fine tutte le navi umanitarie sono state fatte entrare in porti italiani e tutte le persone fatte sbarcare, per effetto degli obblighi internazionali che impongono di prestare soccorso a chiunque si trovi in condizioni di pericolo in mare e di condurre le persone soccorse in un luogo sicuro di sbarco.

Perseguendo, tuttavia, nel medesimo obiettivo, il Governo ha ora approvato il decreto-legge n. 1/2023 con cui intende regolamentare l’attività di soccorso delle navi umanitarie, definito dai mass-media “codice di condotta delle ong”, le cui norme però devono essere interpretate in conformità alle norme costituzionali (tra le quali l’art. 10 Cost. ), alle norme europee e alla normativa internazionale, peraltro espressamente richiamate sia nel decreto-legge n. 130/2020, sia nel decreto-legge n. 1/2023 di riforma del primo.

Quali sarebbero, in concreto, le nuove regole?

Il nuovo decreto-legge appare in sostanziale continuità con una disposizione contenuta nel decreto-legge n. 130/2020 (cd. decreto Lamorgese) che consente all’Esecutivo di “limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale” per motivi di ordine e sicurezza pubblica in conformità alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 (cd. Convenzione di Montego Bay).

Divieto di transito e sosta che il nuovo D.L. n. 1/2023 esclude, tuttavia, nel caso di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al Centro di coordinamento per il soccorso marittimo dello Stato nella cui area SAR di competenza ha avuto luogo  l’evento e allo Stato di bandiera della nave, e qualora ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a) la nave che effettua sistematicamente attività di ricerca e soccorso abbia le autorizzazioni rilasciate dalle autorità dello Stato di bandiera e possegga i requisiti di idoneità tecnico-nautica alla sicurezza della navigazione;

b) siano avviate tempestivamente informative alle persone soccorse della possibilità di chiedere protezione internazionale;

c) sia chiesta nell’immediatezza dell’evento l’assegnazione del porto di sbarco

d) il porto di sbarco sia raggiunto senza ritardo;

e) siano fornite alle autorità marittime o di polizia le informazioni per ricostruire dettagliatamente l’operazione di soccorso;

f) le modalità di ricerca e soccorso in mare non abbiano concorso a creare situazioni di pericolo a bordo né impedito di raggiungere tempestivamente il porto di sbarco.

Occorre ricordare che tali condizioni per gran parte erano previste prima dell’entrata in vigore del nuovo decreto-legge e sempre attuate dalle navi umanitarie, le quali contattano già immediatamente i Centri marittimi competenti per l’area marittima ove accade l’evento per avere indicazione di un porto sicuro ove far sbarcare le persone soccorse (lett. c), salvo che tale indicazione provenga dalla Libia, essendo chiaramente un luogo non sicuro (come riconosciuto da ONU, UNHCR e OIM, tra gli altri). Il problema nella prassi è esattamente l’inverso, cioè sono proprio detti Centri che non rispondono tempestivamente alle richieste di avere un porto sicuro o si rimpallano l’un l’altro le competenze, lasciando le navi per molti giorni in mare in attesa del porto con le persone soccorse a bordo.

Parimenti, le navi umanitarie forniscono sempre informative precise delle operazioni di soccorso (lett. e).

 

Il decreto-legge non prevede nulla di nuovo, dunque.

 

Quanto alle autorizzazioni alla navigazione rilasciate dagli Stati di bandiera (lett.a), tutte le navi umanitarie rispettano tutti i requisiti e possiedono le certificazioni statutarie previste per la classe assegnata dallo Stato di bandiera. La recentissima sentenza della Corte di giustizia 1.8.2022 cause riunite C-14/21 e C-15/21 ha peraltro chiarito che lo Stato di approdo (era proprio l’Italia lo Stato parte in quelle cause) non può pretendere certificazioni diverse da quelle rilasciate dallo Stato di bandiera, né può esigere che le navi rispettino prescrizioni tecniche ulteriori e diverse da quelle previste dalle Convenzioni internazionali pertinenti. La decisione della Corte di giustizia esclude, quindi, la legittimità di eventuale fermo amministrativo delle navi di soccorso per ritenuta violazione di detta condizione, come astrattamente previsto dall’art. 2-quater e ss.  D.L. n. 130/2022, come  modificato dal D.L. n. 1/2023.

Non è immaginabile che il governo italiano possa violare la sentenza della Corte di Giustizia.

 

Le condizioni b), d) ed f) rappresentano, invece, i veri obiettivi del decreto-legge, ovverosia impedire l’approdo in Italia delle persone salvate dai naufragi e conseguentemente impedire che l’Italia divenga Stato competente all’esame delle domande di protezione internazionale nel momento in cui siano presentate dalle persone soccorse, nel contempo impedendo che le navi umanitarie soccorrano persone in differenti eventi di pericolo.

Pretendere, infatti, che il porto di sbarco assegnato sia raggiunto “senza ritardo” (lett. d) e che le modalità di soccorso non impediscano di raggiungerlo “tempestivamente”(lett. f) sottende la volontà di costringere le navi a non soccorrere persone a rischio di naufragio diverse da quelle già soccorse e delle quali abbiano contezza nell’area di mare ove si trovano ad operare, così come di impedire che le persone soccorse siano trasbordate da una nave umanitaria all’altra (per consentire a una di esse di tornare a cercare persone in pericolo).

Pretesa che non potrà mai avverarsi perché qualora il comandante della nave che già ha prestato un primo soccorso venga a conoscenza di una ulteriore situazione di pericolo dovrà sempre dirigersi verso la zona e prestare assistenza in ossequio all’obbligo inderogabile di soccorso previsto dal diritto internazionale consuetudinario e pattizio (art. 98 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, Cap. V Regola 33 della Convenzione SOLAS) e dal diritto interno (v. art. 1113, art. 1158 Codice della Navigazione).

L’obbligo di soccorso imposto dal diritto internazionale è norma di rango superiore (art. 10 e 117 Cost.) e non può essere derogata da una disciplina interna volta a limitare i soccorsi stessi. 

Altrettanto inapplicabile è la previsione che implicitamente vorrebbe collegare l’ordine di raggiungere tempestivamente il porto sicuro assegnato a un divieto generalizzato di trasbordo delle persone da una nave all’altra: da un lato, infatti, la valutazione delle condizioni di sicurezza della nave che eventualmente impongano il trasbordo sono da valutarsi caso per caso e restano nella competenza del/della comandante della nave; dall’altro se il motivo del trasbordo fosse di recarsi subito a soccorrere altre persone in condizione di pericolo, varrebbe il medesimo precetto inderogabile di cui all’art. 98 della Convenzione di Montego Bay.

La normativa internazionale è di inequivoca lettura: lo Stato deve (e non già solo può) esigere dal/dalla comandante di una nave che agisca per prestare soccorso.

Fatte salve le valutazioni tecniche sui rischi per la sicurezza della nave nello svolgere le operazioni di soccorso non ci può essere alcun margine di scelta da parte del/della comandante di qualsiasi nave a effettuare anche diversi soccorsi qualora nel corso della propria navigazione intercetti più situazioni di pericolo e altre navi che portino le persone soccorse in un porto sicuro non siano in grado di intervenire, né le autorità italiane possono ordinare al comandante della nave in pericolo di non effettuare tale soccorso, salvo incorrere nella commissione di gravi reati. Il governo italiano non potrebbe nemmeno impedire il soccorso plurimo se, ad esempio, a conoscenza dell’arrivo di una nave libica, in quanto nessuno può essere sbarcato o consegnato ad autorità di un Paese ove rischi di essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti (art. 4 paragrafo 1, Regolamento (UE) n. 656/2014 sulla sorveglianza delle frontiere marittime esterne), come ormai è acclarato avvenga sistematicamente in Libia.

Dunque, la selettività del soccorso sottesa al decreto-legge non potrà mai essere interpretata come ostativa al soccorso di tutte le persone che si trovano in mare in stato di pericolo.

Quanto, infine, alla previsione secondo cui debbano essere “avviate tempestivamente iniziative volte a informare le persone prese a bordo della possibilità di richiedere la protezione internazionale e, in caso di interesse, a raccogliere i dati rilevanti da mettere a disposizione delle autorità” (lett. b), va evidenziato che una simile prescrizione non può essere data ai comandanti di una nave battente bandiera di un altro Stato poiché i relativi poteri e doveri sono indicati dalla legge nazionale di quello Stato (art. 8 Codice della navigazione R.D. 327/42) e pertanto lo Stato italiano non può imporre competenze non previste dall’ordinamento dello Stato di bandiera. Peraltro, va precisato che con riferimento alle navi battenti bandiera italiana il/la comandante esercita funzioni di pubblico ufficiale solo con riguardo ad atti di stato civile (nascita, morte, matrimonio) e per la ricezione di testamenti sulla nave (art. 296 Codice navigazione). In termini analoghi dispone l’art. 94, par. 2 lett. b) Convenzione UNCLOS.

Inoltre, è noto che la materia dell’accesso alla protezione internazionale nell’Unione europea ha una sua specifica disciplina di settore. La Direttiva 2013/32 (art. 4) prevede che ogni Stato nomini specifiche autorità competenti all’esame delle domande di protezione internazionale, alla trattazione dei casi soggetti al Regolamento Dublino o per rifiutare l’ingresso nell’ambito delle procedure d’esame in frontiera. Con il d.lgs 25/2008 (modificato anche in attuazione di detta Direttiva) l’Italia ha nominato quale autorità competente all’esame, anche per le domande in frontiera, le Commissioni territoriali (distribuite su base regionale), l’Unità Dublino (presso il Ministero dell’interno) per l’accertamento della competenza dello Stato secondo i criteri del Regolamento 604/2013 (art. 3) e la polizia di frontiera o la questura territorialmente competente per la ricezione delle domande (art. 26).

In tutte le ipotesi, trattasi di competenze assegnate inevitabilmente quando la persona richiedente asilo si trova sul territorio italiano e certamente non su quello di altro Stato, come nel caso di navi battenti bandiera straniera.

Peraltro, la specifica preparazione professionale delle varie autorità competenti in materia di protezione internazionale non appartiene certamente a chi comanda una nave, a cui  dunque non può essere affidata la ricezione di domande di protezione internazionale che richiedono il rispetto di precise procedure amministrative. Già la Corte europea dei diritti umani nella sentenza definitiva della Grande Camera 23.02.2012 sul caso Hirsi Jamaa e altri c. Italia ha affermato la necessità dell’esame della situazione individuale di ciascuna persona soccorsa, ritenendo che il personale a bordo delle navi non abbia la formazione necessaria per condurre colloqui individuali e non è assistito da interpreti e consulenti giuridici.

Se attraverso questa previsione il Governo italiano volesse sostenere, come ha dichiarato più volte, che la competenza all’esame della domanda di asilo dei naufraghi si radica sulla base della bandiera della nave di salvataggio, è evidente la sua contrarietà al diritto UE non potendo disciplinare con propria norma interna una materia di esclusiva competenza dell’Unione europea. 

Non da ultimo, va ricordato che l’obbligo di soccorso delle persone in mare in condizioni di pericolo prescinde oggettivamente dalla qualificazione giuridica soggettiva di ognuna di loro (Par. 2.1.10 Allegato Convenzione SAR ratificata e resa esecutiva con   legge 147/1989) e solo quando sono poste in completa sicurezza potranno essere qualificate giuridicamente, ciò che avviene una volta che siano sbarcate, in quanto le operazioni di soccorso si completano solo con l’approdo in un porto sicuro.

Vano è, pertanto, il tentativo sotteso al decreto-legge n. 1/2023 di radicare la competenza all’esame di domande di protezione internazionale allo Stato di pertinenza della nave di soccorso.

Un’ultima questione, che rimane sotto traccia nel decreto legge, riguarda se le autorità italiane possano indicare lo sbarco in un porto sicuro italiano che si trovi in zona molto lontana dall’area in cui è avvenuto il soccorso.

La Convenzione SOLAS (Cap. V, Regola 33, par. 1-1) impone agli Stati di cooperare affinché i comandanti delle navi che hanno prestato soccorso imbarcando persone in pericolo in mare siano liberati dal loro impegno con la minima deviazione possibile dalla rotta originariamente prevista. La Risoluzione MSC 167(78) del 20 maggio 2004 (Guidelines on the treatment of persons rescued at sea), in applicazione degli obblighi previsti dalla Convenzione SOLAS e dalla Convenzione SAR, stabilisce che porto sicuro è quello del luogo in cui sono completate le operazioni di salvataggio e in cui le persone salvate possono accedere ai loro bisogni fondamentali (par. 6.12), precisando che la nave non può di per sé essere considerata luogo sicuro anche se in grado di garantire sicurezza immediata alle persone (par. 6.13). La stessa Risoluzione precisa inoltre che “Una nave non dovrebbe essere soggetta a ritardi ingiustificati, oneri finanziari o altre difficoltà dopo aver prestato assistenza alle persone in mare; pertanto gli Stati costieri dovrebbero sollevare la nave non appena possibile” (par. 6.3).

La lettura sistematica della normativa internazionale consente, dunque, di ritenere che il porto sicuro debba essere quello che, innanzitutto, non aggravi la condizione psico-fisica delle persone soccorse (che provengono già da contesti di assoggettamento a violenze di vario genere) protraendo nel tempo la loro completa messa in sicurezza, né che impedisca loro di presentare tempestivamente, se del caso, domanda di protezione internazionale alle competenti autorità nazionali e, non da ultimo, che non impedisca alle navi di soccorso di svolgere la loro legittima attività umanitaria senza ulteriori aggravi.

Questo significa che l’indicazione di porti sicuri italiani che si trovino in zone lontane giorni di navigazione rispetto al luogo ove è avvenuto il soccorso è da ritenere in contrasto con l’obbligo inderogabile di prestare soccorso a persone in mare in condizioni di pericolo.

Conclusioni

Il decreto legge n. 1/2023, preceduto da una narrazione politica finalizzata al contrasto dell’immigrazione definita illegale, contiene disposizioni che non potranno far cessare né i gravi motivi che inducono le persone a fuggire in mare dallo Stato di origine o di transito, né le operazioni di soccorso umanitario imposto dal diritto internazionale. Dunque, tanto rumore per nulla, trattandosi di norme in parte già applicate, mentre altre sono inapplicabili per contrasto con il diritto internazionale ed europeo.

Un intervento legislativo che, non si può non evidenziare, ancora una volta nasconde la mancanza di consapevolezza della fallimentare strategia italiana ed europea che persevera a negare la possibilità di ingressi regolari che consentano alle persone straniere di entrare in modo veloce e sicuro sul territorio italiano o di altro Stato dell’Unione europea con visti di ingresso per lavoro o per ricerca lavoro o per asilo o per altra motivazione prevista dalla complessa disciplina dell’immigrazione.

Un decreto-legge che non si fa carico neppure di promuovere con l’Unione europea un’ampia operazione di evacuazione urgente dalla Libia delle migliaia di persone straniere imprigionate in luoghi di detenzione in condizioni disumane e degradanti, ma nemmeno di cessare la collaborazione che dal 2007 i Governi italiani portano avanti di fatto con le varie milizie armate libiche coinvolte anche in operazioni di traffico di persone.

LA ROTTA BALCANICA

Vogliamo consigliarvi un podcast. Una produzione di Chora media ed una realizzazione di Valerio Nicolisi, un giornalista molto bravo che è un grande esperto di migrazioni. Quando si parla di “rotta” di solito si pensa a una crociera di lusso, a un viaggio di piacere in un paradiso tropicale.

La rotta di cui sentirete parlare in questo podcast invece è l’esatto contrario. È un viaggio disperato e sfiancante che attraversa territori tra i più impervi della Terra. È un viaggio al gelo, dove si patisce la fame e la sete, e dove si sa quando si parte e non si sa quando si arriva. E nemmeno se si arriva. Perché la Rotta Balcanica è un viaggio che ogni anno provano a compiere milioni di migranti in fuga da guerre, povertà e violenza.

Valerio Nicolosi, giornalista che da anni si occupa di migrazioni, si è incamminato con gli uomini e le donne che sfidano i muri e le polizie ai confini dell’Europa nella speranza di una vita migliore.

Questo podcast racconta le vite, le sofferenze e le speranze di chi si mette in marcia lungo la Rotta Balcanica.

ASCOLTA IL PODCAST

TRIESTE È BELLA DI NOTTE

Vogliamo consigliare un film: si intitola "Trieste è bella di notte" e siamo sicuri che sarà un'opera di quelle che faranno riflettere. Il regista è Andrea Segre, già autore di interessanti docu-film, e questa volta il tema che affronta è quello delle migrazioni. Il film sarà presentato in anteprima mondiale il 22 gennaio 2023 alla 34esima edizione del Trieste Film Festival, il principale appuntamento italiano con il cinema del centro-est Europa, e che dal giorno successivo sarà presentato nei cinema con la distribuzione di ZaLab.

"Sapete cosa sono le "riammissioni informali"? - chiedono gli autori - In pochi lo sanno e anche noi non ne avevamo idea prima di realizzare questo film.

"Per raccontarle in Trieste è bella di Notte - continuano - abbiamo raccolto le storie di chi le ha subite. Sono storie di viaggi interrotti e violenze inaccettabili, ma anche storie che mettono in discussione il rapporto di tutti noi con l’equilibrio tra individuo e Stato. Perché le "riammissioni informali" sono operazioni che il Tribunale di Roma ha sancito come illegali, ma che il Ministero dell'Interno ha invece ora deciso di riattivare.
Aiutateci ora a far conoscere questa storia in tutta Italia e non solo, perché tutti dobbiamo sapere perché quelle operazioni non devono ripetersi".

Il film è prodotto da ZaLab e Vulcano con il sostegno di Open Society Foundations in associazione con Banca Etica ai sensi delle norme sul Tax Credit, in collaborazione con Ics Ufficio Rifugiati Onlus, RiVolti ai Balcani e Per Cambiare L'Ordine delle Cose - Forum nazionale con il patrocinio di Amnesty International - Italia e Medici Senza Frontiere

Per chi volesse organizzare proiezioni nelle sale cinematografiche e in altri spazi sociali e culturali basta scrivere a distribuzione@zalab.org
 

FAMIGLIE ACCOGLIENTI SEGNALA

Carissimi, 

martedì 31 gennaio alle 14,00 presso il salone di Medici con l'Africa Cuamm si terrà l'incontro di presentazione del bando del Servizio Civile Universale in Africa e in Italia rivolto ai giovani dai 18 ai 28 anni di età.

E' POSSIBILE SEGUIRE L'INCONTRO SU ZOOM, CLICCANDO QUI

Vi invitiamo a diffondere questa comunicazione alla vostra reteper raggiungere il numero più ampio possibile di ragazzi interessati a svolgere con noi questa esperienza.

Per informazioni: Lucia l.forte@cuamm.org

FAMIGLIE ACCOGLIENTI SEGNALA

🌎 Il futuro è NATO?

🏰 Sabato 4 e domenica 5 febbraio 2023 presso il castello dei Missionari Comboniani di Venegono Superiore (VA) si terrà il convegno Il futuro è NATO? : giuristi, saggisti, giornalisti e attivisti del mondo laico e cattolico sottoporranno a serrata analisi le finalità, le pratiche e le evoluzioni del Patto atlantico dalla sua costituzione nel 1949 ad oggi. 

🗣️ Intervengono: Alberto Negri (giornalista, inviato di guerra); Alex Zanotelli (missionario, direttore di Mosaico di Pace); Antonio Mazzeo (docente e attivista); Claudio Giangiacomo (avvocato, Ialana Italia); Jean Toschi Marazzani (esperta di geopolitica); Monsignor Luigi Bettazzi (Vescovo di Ivrea, Pax Christi); Manlio Dinucci (geografo, No Guerra No NATO); Mario Agostinelli (Associazione Laudato Si'); Patrick Boylan (giornalista, attivista No War Roma); Rossana De Simone (Peace Resercher, Peace Link).

🎦 In diretta sulla pagina Facebook di ecoinformazioni. 

☢️ Un'iniziativa promossa da: Associazione nazionale vittime dell'uranio impoverito, Donne e uomini contro la guerra Brescia, Centro di documentazione Abbasso la guerra, Centro sociale 28 maggio. Collaborano all'organizzazione varie realtà del mondo pacifista, antimilitarista, nonviolento.

🍴 Per partecipare ai pasti (10€ ciascuno) e pernottare (15€) è necessario iscriversi, entro e non oltre il 31 gennaio, a questo link: https://forms.gle/Ui7Bt9BaayZQksu79

📧 Per maggiori informazioni: abbassolaguerra@gmail.com
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Abbiamo bisogno di voi

Vogliamo creare nuove relazioni con chi fugge dalla propria patria, offrire non soltanto accoglienza ma speranza, come prescritto dal troppo spesso dimenticato articolo 10 della Costituzione: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica”. Occorre ripartire dai volti, non dai voti, ed è questo che noi vogliamo fare.

Per farlo abbiamo bisogno di voi.

Ci sono mille modi di accogliere: offrire un pasto, un letto, una lezione di italiano. Anche solo accompagnare un ragazzo al cinema, preparare una piccola festa per i nuovi vicini. E, naturalmente, andare in piazza quando è necessario, mostrarsi, protestare contro leggi e regolamenti iniqui, che tolgono libertà agli italiani quanto ai migranti. C’è bisogno di tutti: “Famiglie Accoglienti” unisce giovani e vecchi, bianchi e colorati, cristiani e musulmani. Vi aspettiamo.
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